3 Dicembre 2008
Gioco Patologico: novità, esperienza e prevenzione del fenomeno al Casinò di Lugano

Sono 700.000 i giocatori

patologici in Italia secondo l’Istituto Superiore di Sanità. Un fenomeno ampio e in crescita che il Casinò di Lugano dalla sua fondazione previene con una

attività specifica anche in Italia.

L’1% della popolazione è attualmente da considerare un giocatore patologico; il 3% lo è stato almeno per un periodo

della vita. Sono i dati dell’Istituto Superiore di Sanità sulla base di specifiche indagini internazionali realizzate sul fenomeno. Sono dunque 700 mila i

giocatori patologici nel nostro Paese, e quasi due milioni quelli che ne hanno sofferto.
Il gioco compulsivo è una patologia riconosciuta dall’Organizzazione

mondiale della sanità fin dal 1980, che ne ha segnalato i costi sul piano individuale, familiare, sociale e collettivo tra i quali rischi di usura, criminalità e

di deriva sociale.

Il Casinò di Lugano attua la legge federale svizzera sul gioco d’azzardo ed elabora una serie di misure che si riassumono sotto la

denominazione di Concezione sociale che si occupa di prevenzione, riconoscimento precoce, formazione, raccolta dati e di assistenza al gioco patologico. Il tutto

in collaborazione con un centro specializzato nella prevenzione e nella cura del gioco patologico.
Colloqui orientativi e di sensibilizzazione con medici

specialisti, corsi di formazione del personale, divulgazione di documentazione sui pericoli del gioco e sulle possibilità di aiuto: sono alcune delle misure

adottate dal Casinò di Lugano per prevenire il rischio del gioco compulsivo e intervenire quando il problema si manifesta.

Sono oltre 30 mila i giocatori

italiani che ogni anno giocano al Casinò di Lugano, il 70% del totale. Il Casinò ha dunque deciso di sviluppare in Italia la sua attività di prevenzione e

informazione in linea con la propria missione e le indicazioni federali.

Il Casinò svizzero investe sulla formazione dei dipendenti mirata al riconoscimento

dei giocatori a rischio: una volta individuati vengono affidati a un’equipe di psicologi e specialisti. Nel 2007 sono stati eseguiti 317 colloqui in seguito a

segnalazioni da parte del personale del Casinò. Sono state interdette all’accesso alle sale elvetiche 204 persone. Importante segnalare che la maggior parte di

queste una volta presa coscienza del problema ha chiesto l’esclusione volontaria.

Al di fuori del Casinò la prevenzione viene svolta con la

collaborazione del Gruppo Azzardo Ticino (GAT), e l’ AND, Azzardo e Nuove Dipendenze, associazione che si occupa di sensibilizzare gli operatori sociali, le

istituzioni e tutta la popolazione al tema della “dipendenza senza sostanze”, in particolare da gioco d’azzardo, con attività di informazione, formazione,

prevenzione e trattamento. A tali associazioni si affiancano le ASL che operano sul territorio italiano. Specialisti nelle diverse Aziende sanitarie si occupano di

prevenzione del fenomeno, diagnosi medico-psicologica, terapia e riabilitazione sociale. A queste strutture vengono inviati i giocatori patologici italiani che

chiedono di essere seguiti da specialisti sul territorio.

Anna Maria Sani, psicologa e psicoterapeuta, già responsabile della concezione sociale del Casinò

di Lugano e attualmente consulente, dice: “Il Casinò di Lugano fin dalla sua nascita si è impegnato nella divulgazione dei rischi del gioco d’azzardo, nella sua

prevenzione e nell’assistenza ai giocatori patologici. E’ un fenomeno importante, che deve prevedere una forte collaborazione tra istituzioni e operatori sanitari

italiani e svizzeri e personale del casinò sensibile e formato. Le misure adottate con la Concezione sociale hanno già portato importanti risultati: una

sensibilizzazione sempre maggiore delle casa da gioco, la presa di coscienza del problema da parte dei giocatori e l’esclusione spesso volontaria dei giocatori in

difficoltà individuati dalle sale da gioco elvetiche. Un provvedimento che sarebbe opportuno estendere anche a quelle italiane E’ importante lavorare sulla

prevenzione e far conoscere la possibilità di rivolgersi a organizzazioni territoriali, tra cui le Asl, per affrontare singolarmente o in famiglia comportamenti

che spesso si trasformano in veri drammi sociali”.