17 Marzo 2011
Pagine D’Arte protagonista a Parigi con inediti di La Capria e in Italia con il saggio “Federalismo culturale”

La casa editrice svizzera partecipa al Salone del Libro di Parigi dove presenterà una collana con due scritti di Raffaele La Capria, inediti per la Francia.

In contemporanea Pagine d’Arte pubblica in Italia, per la collana “Sintomi”, uno stimolante saggio sul federalismo culturale: l’opera di Denis de Rougemont

offre più di uno spunto di riflessione per un tema, come quello del federalismo, che nell’anno delle celebrazioni dell’Unità d’Italia reclama sempre più spazio

nel dibattito socio-culturale

Venerdì 18 marzo si apre l’edizione 2011 del Salone del Libro di Parigi. La casa editrice svizzera Pagine d’Arte, che

proprio in queste settimane ha dato il via alla pubblicazione delle sue opere in Italia, sarà protagonista dell’evento d’Oltralpe dove presenterà la collana

“Ciel vague”: questa è composta da autori come Michel Butor,Yves Bonnefoy, Jean Louis Schefer ma anche da una grande personalità del panorama letterario italiano

come Raffaele La Capria. Dello scrittore napoletano Pagine D’arte pubblica in francese il capitolo “La nostalgia della bellezza” tratto dal libro Lo stile

dell’anatra (2001) e estratti da La mosca nella bottiglia. Elogio del senso comune (2002).

Afferma Matteo Bianchi, direttore editoriale di Pagine D’arte:

“Sono certo che gli addetti ai lavori e gli appassionati della cultura mondiale che si ritroveranno a questo appuntamento sapranno apprezzare gli scritti di

Raffaele La Capria, un grande della letteratura italiana, per di più inediti per la Francia. Una pubblicazione che è in linea con la nostra filosofia editoriale

che da 25 anni ci vede promotori di un percorso culturale di livello, fuori dal sistema delle mode, caratterizzato dalla diffusione di raffinate monografie, saggi

d’arte e di filosofia”.

In contemporanea con l’evento parigino, Pagine d’Arte segna un’altra significativa tappa nel suo percorso di pubblicazione in

Italia, recentemente inaugurato dalla inedita pubblicazione di “Osservazioni sul disegno” di Yves Bonnefoy. E’ infatti in uscita, sempre per la collana Sintomi,

“Federalismo culturale”, agile volumetto che presenta la conferenza del filosofo saggista Denis de Rougemont tenutasi il 23 novembre del 1963 nell’aula

dell’Università di Neuchatel. Nell’occasione venne celebrato il 25° anno dell’Institut Neuchâtelois, ente fondato nel 1938 da personalità della città svizzera

impegnate a tutelare il patrimonio culturale cantonale.

“Da tanti anni il tema del federalismo è un tema del dibattito socio-politico in Italia –

sottolinea Bianchi – e a maggior ragione oggi che viene festeggiato un evento come l’Unità d’Italia, per non dire del dibattito in atto tra le forze

parlamentari, esso sembra reclamare a gran voce una maggiore attenzione. Decidendo di pubblicare in questo preciso momento storico anche in Italia la celebre

conferenza di de Rougemont vogliamo offrire un punto di vista sull’argomento che investe la cultura. In particolare per quanto concerne il valore della differenza

linguistica e culturale: una differenza che unisce e non divide, come invece a torto ripetono le leghe nostrane che ignorano i principi del federalismo e sono

lontane dal discorso culturale che esso implica…”.

Il contributo dell’autore si basa infatti su un’esperienza (quella svizzera) che potrebbe essere

punto di riferimento per l’applicazione del modello federativo in chiave allargata. Il pensiero di de Rougemont si fonda sulla connessione fra le cause del

federalismo e della cultura, sulla circolazione delle idee e sulla promozione della diversità contro l’uniformità.

«Denis de Rougemont – specifica Bianchi

– esortava a riflettere su libertà e pluralismo intellettuale. In un ottica in cui lo Stato diventi si sempre più efficiente e forte, rispettando però l’autonomia

culturale locale. L’unione europea, quindi, non verrebbe conseguita a prezzo di un appiattimento delle diverse culture e delle peculiarità regionali e locali. La

formula federalista ha piuttosto come fine il preservare le proprie particolarità, autonomie politiche e culturali e l’evitare emozioni telecomandate, cioè forme

di manipolazione morale tipiche dell’Occidente – fra cui i mezzi tecnologici”.

A tale riguardo, e per apprezzare la modernità del pensiero di de Rougemont,

basta leggere questo passaggio dalla conferenza tenutasi quasi cinquant’anni fa:

“Se pensate che ogni sera milioni di uomini, donne e bambini sorbiscono

passivamente alla stessa ora il medesimo spettacolo, sono sottoposti alle stesse emozioni telecomandate, indipendentemente dall’ambiente, dall’educazione, dalla

fede, dalle condizioni sociali o dal luogo in cui vivono […] questa simultaneità senza precedenti di emozioni provocate dall’esterno vi può dare una vaga idea

delle forze di manipolazione morale ed emotiva che operano nella società occidentale…”