
Il conflitto, o impingement, femoro acetabolare è una patologia
di recente definizione ed è l’esito di una serie di patologie congenite o acquisite dell’anca che ha come elemento patogenetico principale un contatto abnorme tra
le sue due componenti articolari dell’anca (acetabolo e la parte prossimale del femore). Si viene a creare una sovrabbondanza ossea a livello femorale o
acetabolare che porta ad un contatto abnorme con distruzione nel tempo dell’articolazione. L’importanza della scoperta del conflitto femoro acetabolare risiede
nella possibilità di cura. Oggi, se la diagnosi è precoce e l’articolazione non ancora compromessa è possibile migliorare la prognosi dei pazienti affetti da
questa patologia. Se si pensa che la maggior parte dei pazienti affetti da impingement sono giovani attivi, si capisce come una conoscenza di questa patologia sia
di estrema importanza al fine di attuare
una diagnosi ed un trattamento precoce.
Il conflitto femoro acetabolare ha specifiche caratteristiche
radiologiche e cliniche. Spesso, in passato, queste caratteristiche “patognomoniche” del conflitto venivano considerate l’esito di un processo degenerativo
artrosico. In realtà è il conflitto femoro acetabolare ad essere una delle cause dell’artrosi dell’anca.L’anamnesi è il primo fondamentale passo che porta alla
scoperta di un conflitto. L’età in primo luogo. L’impingement colpisce prevalentemente pazienti giovani attivi. Una pratica sportiva intensa. Da verificare,
anamnesticamente, inoltre, eventuali patologie o chirurgie pregresse dell’anca che possono aver modificato l’anatomia articolare. Inoltre è importante indagare
pregressi eventi traumatici, sia fratturativi che distorsivi, dell’articolazione. La localizzazione del dolore è spesso inguinale ma possono essere riferiti dolori
posteriori o irradiazioni complesse. Caratteristico il dolore o il discomfort del paziente alla stazione assisa (seduta), più o meno prolungata, o agli esercizi
con anca in flessione. Possono essere presenti segni di lesione del labbro cotiloideo (una sorta di menisco dell’anca con funzione di “guarnizione”) o di
delaminazione-lesione cartilagininea quali rumori o pseudoblocchi articolari. Il trattamento dell’impingement femoro acetabolare è chirurgico.
Il
trattamento dell’impingement dipende dal grado di degenerazione articolare presente nel momento in cui viene posta la diagnosi. Se le degenerazione articolare è
già avanzata l’unico trattamento è la sostituzione protesica. Se la patologia viene identificata agli albori è possibile un
trattamento chirurgico
conservativo atto a eliminare le cause del conflitto e a ridelineare l’anatomia dell’articolazione. Il problema però sta nell’identificare a priori la vera entità
del danno articolare. Questo spesso è difficile e il paziente deve sottoporsi a esami avanzati in centri specializzati. L’esame cardine per verificare il danno
endoarticolare è la risonanza magnetica con mezzo di contrasto intra articolare (ARTRO-RM). Nonostante questo esame la valutazione completa e effettiva del danno
articolare viene talvolta (20-30% dei casi) scoperta solo all’atto chirurgico.
Esistono due differenti approcci chirurgici al problema:
Chirurgia
aperta. Presenta tutti i vantaggi dell’ ampia esposizione e libertà di manovra, ma è gravata da una maggiore invasività. La tecnica più accreditata è la lussazione
chirurgica dell’anca previa osteotomia del trocantere (parte laterale del femore). I risultati di questa chirurgia sono nettamente migliorati da quando si è
iniziato a rifissare il labbro, quando possibile, dopo la resezione acetabolare.
Si tratta comunque di una chirurgia anatomica (che rispetta i piani
naturali) e conservativa (non protesica) dell’articolazione.
Chirurgia artroscopica. L’artroscopia dell’anca permette di trattare l’impingement se vi sono
le giuste condizioni. È una procedura eseguita nei centri di chirurgia dell’anca ad alta specializzazione, ed è un campo dell’ortopedia in rapida evoluzione. Le
patologie trattabili sono in aumento grazie al miglioramento delle tecniche diagnostiche e alle reali possibilità chirurgiche attuabili attraverso questa procedura
miniinvasiva. L’artroscopia consiste nell’introdurre all’interno di una articolazione una telecamera collegata ad un’ottica con la quale è possibile vedere le
strutture anatomiche in essa contenute. Inoltre, con l’aiuto di strumenti dedicati, è possibile compiere degli atti chirurgici. Si tratta di una procedura meno
invasiva della chirurgia aperta. Viene utilizzata routinariamente in diverse patologie del ginocchio e della spalla. Sempre più frequente il suo utilizzo nella
caviglia, nel gomito, nel polso e soprattutto nell’anca.
È ancora oggi una metodica poco conosciuta e utilizzata con una certa frequenza solo in alcuni centri
in Italia e nel mondo.
L’artroscopia dell’anca è una procedura complessa a causa della profondità dell’ articolazione, della difficoltà di movimento della
stessa e per le patologie che la affliggono. La percentuale di successo di una artroscopia dell’anca dipende da vari fattori: la diagnosi che ha portato
all’artroscopia e il grado di degenerazione articolare esistente, le possibilità artroscopiche in quella determinata patologia e l’eventuale comparsa di
complicazioni. Si tratta comunque di una chirurgia molto ben tollerata dai pazienti con ridotto dolore perioperatorio e senza necessità di trasfusioni.