
La segreteria
di Emanuele Filiberto di Savoia precisa quanto segue.
La Consulta dei senatori del Regno non si è affatto riunita e nulla ha quindi potuto deliberare
. L’organismo fondato nel 1965 aveva una funzione a causa dell’esilio ed è stato sospeso nel settembre del 2002. Era composto da 61 membri.
Aldo
Alessandro Mola ha fondato un’organizzazione privata e personale a cui ha preteso di dare lo stesso nome e a cui hanno aderito nove persone e di cui si è
autoproclamato presidente. E’ evidente che questa organizzazione non è la Consulta e in termini di rappresentatività è inesistente.
La vera Consulta
presieduta dal Sen. Emanuele Emmanuele di Culcasi, il cui vice presidente è il Cav. di Gr. Cr. Sergio Pellecchi, è stata ora convocata per la prossima
settimana. Risponderà e prenderà provvedimenti nei confronti di Aldo Alessandro Mola che ha utilizzato in modo arbitrario il nome e lo stemma in una iniziativa del
tutto personale.
Lo stesso Mola ha già in passato sostenuto una teoria dinastica che non ha fondamento né storico né giuridico come dimostrato in centinaia
di dibattiti negli ultimi cinquant’anni. Per completezza riportiamo in calce a questo comunicato una sintesi del prof. Sandro Gherro, ordinario di diritto
ecclesiastico all’Università di Padova, che ricostruisce tesi e conclusioni già conosciute da tempo da chi si occupa di questioni dinastiche.
La
sostanza della notizia diffusa ieri è la stessa identica teoria già presentata senza fondamento né successo da anni da alcuni monarchici vicini al Duca
D’Aosta e che oggi viene riproposta puntando sulla impossibilità di replicare di S.A.R. il Principe di Napoli Vittorio Emanuele, Duca di Savoia, e sulla crisi
di immagine che consegue alle sue vicende giudiziarie. Fa tristemente sorridere la patente di ufficialità data con la notizia dell’adesione della sorella di
S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele, la Principessa Maria Gabriella, a una iniziativa che lei stessa sta inefficacemente sostenendo da molto tempo per un
conosciuto e pubblico attrito personale.
Si è poi scritto della decisione di un fantomatico Consiglio di famiglia che non esiste e non è mai esistito in Casa
Savoia.
Oltre all’inesistente fondatezza giuridica e storica di questa iniziativa messa in piedi con grande dispendio di mezzi e spettacolo da persone
che rappresentano solo loro stesse, invitiamo a considerare il comportamento morale di chi l’ha attuata. Il Duca Amedeo D’Aosta ha atteso la fine dell’esilio
per rivendicare una discendenza basata, come lui dice, su regole di oltre duecento anni fa. Ha dunque lasciato “gli eredi maschi di Casa Savoia”, come indicato
dalla Costituzione Repubblicana, a fare una vita d’esilio per poi sostenere di essere lui il legittimo discendente di S.M. Re Umberto II.
Precisiamo
inoltre che S.A.R. il Principe Emanuele Filiberto di Savoia non ha intrapreso alcuna iniziativa giudiziaria contro questa decisione. Per il semplice fatto che non
ve ne è alcun bisogno. L’iniziativa legale riguarda le calunnie e il discredito gettato su Casa Savoia con frasi e affermazioni personali fatte da chi ha
partecipato a questa vicenda.
——
Sintesi della questione dinastica del Prof. Sandro Gherro, professore ordinario di Diritto
ecclesiastico presso l’Università di Padova.
Il comunicato della sedicente autorità che ha investito della funzione di Capo di Casa Savoia e Gran
Maestro degli Ordini Dinastici il Duca Amedeo di Savoia-Aosta contiene affermazioni storiche e dinastiche già da tempo respinte dagli studiosi.
Nell’occasione si evidenzia come le fonti normative secondo le quali S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele, Duca di Savoia, avrebbe violato sono state abrogate da
secoli: in primis dallo Statuto Albertino, emanato nel 1848 da Re Carlo Alberto, che introdusse la Monarchia Costituzionale ed il principio di uguaglianza che
comporta per tutti la libertà di contrarre matrimonio senza condizionamenti.
Va poi sottolineato come S.M. Re Umberto II abbia comunque preso atto del
matrimonio del figlio, considerando legittima la scelta della sua sposa presenziando come Padrino al battesimo del nipote Emanuele Filiberto a cui diede il titolo
di Principe di Venezia che comportava riconoscimento dei Diritti Ereditari Dinastici. Ciò ha all’evidenza significato riscontro della considerata libertà, o,
almeno “ratifica” o “autorizzazione successiva” che dir si voglia della sua scelta. Ne si può considerare che il Re abbia nell’occasione violato le vigenti norme
della sua successione.
Va infine osservato come, stanti le regole consuetudinarie sulla trasmissione dei titoli appartenenti ai principi cattolici, si debba
dubitare sulla discendenza del Duca Amedeo d’Aosta nella persona del Duca Aimone d’Aosta, posto che il suo matrimonio è stato dichiarato nullo dalla competente
autorità ecclesiastica.
Sabato 8 luglio, ore 16,00.