7 Settembre 2023
Dolore Cronico Diagnosi corrette dopo 5 anni, elevato impatto sulla qualità di vita, scarsa conoscenza dei diritti del paziente e dei servizi per la gestione del dolore; è quanto emerge dalla web survey di Dimensione Sollievo, la prima community del dolore in Italia nata da un’iniziativa Grünenthal

In occasione del Mese della consapevolezza del dolore, Grünenthal presenta la fotografia del dolore in Italia, quello che provano i pazienti e i bisogni che emergono da Dimensione Sollievo, l’iniziativa digitale che unisce oltre 17.500 followers, tra pazienti e caregivers.
 
Milano, 6 settembre 2023 – Il mese di settembre è stato dichiarato dalla U.S. Pain Foundation come il mese della consapevolezza sul dolore. Scopo dell’iniziativa è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul dolore cronico, sul suo gravoso impatto e sulle possibilità di cura e gestione di una patologia che si conferma ancora da elevate incidenza e rilevanza per i diversi ambiti sociali.
Attraverso l’iniziativa digitale “Dimensione Sollievo – al centro del Dolore Cronico” Grünenthal Italia dal 2020 risponde al bisogno di pazienti e caregivers di accedere a informazioni affidabili e servizi dedicati. La piattaforma si sviluppa su Facebook, su un sito dedicato e su Spotify e ad oggi riunisce e rappresenta la community digitale dedicata al dolore in Italia, con oltre 17500 follower, particolarmente attivi sul social Facebook.
Dimensione Sollievo ha interrogato la community e, attraverso il riscontro ottenuto, ha per la prima volta fotografato lo scenario del dolore cronico in Italia: cosa provano i pazienti; le esigenze inespresse e le aspettative – grazie ad una web survey gestita con il supporto di VMLY&R Health.
“I pazienti in Italia possono attendere anni prima di ricevere una diagnosi corretta e impostare terapie adeguate e i loro stessi bisogni sono spesso inascoltati. In tutte le fasi di gestione della patologia risulta rilevante la necessità di informarsi, confrontarsi e identificare dei punti di riferimento specifici. – dichiara Laura Premoli, General Manager di Grünenthal Italia – Per questa ragione abbiamo creato una piattaforma digitale multicanale, che sviluppiamo nel tempo sulla base di quello che richiede ed esprime la community stessa.
Ecco la fotografia che emerge dalla web survey di Dimensione Sollievo.
L’impatto del dolore e quello che provano i pazienti
• Per il 96% degli intervistati il dolore cronico influisce molto sulla qualità della vita.
• L’impatto è in media su 3 o 4 dimensioni della qualità di vita, tra le quali, ad esempio: prendersi cura di sé stessi; interagire come desiderato con le persone care; muoversi e camminare; fare attività fisica; mantenimento del lavoro o della mansione
• L’impatto è rilevante anche sulle attività sociali (56%), su quelle motorie e sull’umore stesso (67%), oltre a compromettere la qualità del sonno (53%).
I tempi per una diagnosi
• Alla domanda “Da quanti anni soffri di dolore cronico”, il 41% da più di 10 anni mentre 1 persona su 3 ha risposto da 1 a 5 anni.
• In media solo il 32% degli utenti intervistati ha ricevuto una diagnosi in meno di 1 anno, mentre circa il 38% l’ha ricevuta entro i 5 anni.
• Ben il 29% deve invece attendere più di 5 anni, e addirittura il 5% i 10 anni per una diagnosi definitiva.
Centri per la gestione del dolore cronico e la Legge 38 che ne sancisce i diritti
• Seppur esista la consapevolezza che vi siano centri specializzati sul territorio, oltre il 55% non si è rivolto a loro per la gestione del dolore.
• Sebbene il 47% dichiari di aver sentito parlare di Legge 38, solo il 15% riferisce di conoscere bene i diritti sanciti per legge.
• Addirittura il 39% dichiara di aver sentito parlare di Legge 38 per la prima volta durante la web survey di Dimensione Sollievo.
“Uno dei dati significativi che emergono dalla survey è quello relativo all’elevato impatto del dolore cronico sulla qualità della vita. – conclude Laura Premoli – “Quello che provano i pazienti ci dice che c’è ancora molto da fare, in termini di informazione e di Sistema Salute. I numeri ci danno, infatti, una dimensione del problema e rappresentano le storie delle persone che vivono questa cronicità, che non possono restare inascoltate o non riconosciute.”