Unendosi all’allarme lanciato da Bioenergy Europe, in Italia anche Aiel, Associazione EBS e Fiper richiamano l’attenzione sulle conseguenze dell’insufficiente apporto dell’energia da biomasse solide e bioenergie previsto nel piano energetico congiunto dei paesi europei, annunciato alcuni giorni fa.
25 maggio 2022 – È stato presentato da parte della Commissione Europea il tanto atteso piano REPower EU. Il programma ha l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili russe e guidare la transizione energetica nei prossimi anni attraverso una serie di azioni quali il risparmio e l’efficientamento energetico, la sostituzione delle fonti fossili russe e la diversificazione delle forniture, l’aumento dell’uso energia pulita e il finanziamento di nuove infrastrutture.
L’annuncio della strategia REPowerEU è avvenuto lo scorso mese di marzo, generando la reazione di oltre 500 imprese e realtà europee del settore delle biomasse solide e delle bioenergie tra cui Aiel, EBS e Fiper che, rappresentate da Bioenergy Europe, si sono rivolte con una lettera ai vertici UE per sottolineare la mancanza di visione e i rischi dell’aver trascurato il contributo di queste fonti rinnovabili quali soluzioni già disponibili, efficaci e sostenibili per ridurre la dipendenza energetica. Prima di tutto, questo renderebbe più difficile raggiungere i target di sostenibilità al 2030 e conservare la biodiversità.
Ora il piano operativo fa riferimento in modo limitato alle bioenergie e alle biomasse solide solo in un paragrafo dove viene riconosciuto il loro contributo nel mix energetico rinnovabile (pari a circa il 60%) e viene previsto un aumento moderato ma costante del settore al 2030. Aiel, EBS e Fiper sposano il punto di vista di Bioenergy Europe per cui “l’industria della bioenergia ha il vantaggio di essere molto diversificata, quindi sarebbe necessario un approccio maggiormente olistico verso il settore. Inoltre, sarebbe opportuna una maggiore trasparenza nella comparazione dei costi reali e del risparmio di CO2 tra le diverse opzioni per stimare l’impatto a breve e a lungo termine. Negli ultimi mesi il settore delle bioenergie è diventato sempre più competitivo e continuerà a crescere in Europa in tutti gli ambiti, dalla produzione elettrica all’industria, dai trasporti all’agricoltura, al riscaldamento. In particolare, le biomasse solide hanno un potenziale ancora poco sfruttato e fornirebbero un importante vantaggio, non solo in termini energetici ma anche economici e sociali, grazie alla logica di economia circolare con cui operano”.
Il presidente di EBS, Antonio Di Cosimo, aggiunge: “In questa fase delicata per il futuro energetico dell’Europa si sta perdendo l’occasione di tutelare e utilizzare i vantaggi di una forma di energia come quella delle biomasse solide, per produrre la quale, esiste già un parco di centrali in grado di garantire continuità della produzione elettrica nel rispetto della sostenibilità ambientale”.
“La bioenergia è una delle poche soluzioni già disponibili per andare verso la decarbonizzazione del comparto del riscaldamento – commenta Annalisa Paniz, Direttrice generale di AIEL – in quanto fonte rinnovabile e carbon neutral. L’economia forestale in Italia è ampiamente sottoutilizzata, lo dimostra il raddoppio della superficie forestale nazionale negli ultimi 50 anni e i livelli di prelievo dell’incremento legnoso annuo compresi tra il 18 e il 34%, molto bassi se confrontati con la media europea che si attesta sul 62%. C’è ampio spazio per la valorizzazione energetica della risorsa legnosa attraverso l’adozione di un sistema di gestione forestale sostenibile che coniughi la multifunzionalità del bosco e la creazione di filiere produttive del legno“.
Aggiunge Walter Righini, presidente FIPER: “Puntare sull’impiego delle biomasse legnose a fini energetici significa rivitalizzare l’intera filiera legno, presidiare il territorio, in un’ottica di economia circolare e di redistribuzione del reddito nelle aree interne e periferiche. Indipendenza e autonomia dalle fonti fossili possibili ed attuabili in tutti i Comuni che dispongono di un patrimonio boschivo non delocalizzabile; secondo un nostro studio condotto in collaborazione con il Politecnico di Milano sarebbero almeno 458 i Comuni teleriscaldabili”. Continua Righini: “Investire in reti di teleriscaldamento cogenerativo a biomassa legnosa anziché destinare le risorse derivanti dalla fiscalità generale a nuove reti di metano rappresenta una scelta di politica industriale, oltre che energetica di medio lungo-periodo, che favorirebbe il tessuto produttivo made in Italy; un’occasione straordinaria su cui sensibilizzare il Governo nazionale e la commissione europea per emanciparsi dalla dipendenza del gas russo.”