21 Settembre 2018
Villaggio Amico: convegno per curare le demenze con approcci non convenzionali, personalizzati e multidisciplinari

A margine del convegno, che si è svolto oggi a Saronno, la RSA Villaggio Amico ha anche  annunciato la nascita di una Fondazione, in collaborazione con il professor Giuseppe Bellelli dell’Università Milano Bicocca per la ricerca, la formazione e la cura delle sindromi geriatriche.

 

21 settembre 2018 – In occasione della venticinquesima Giornata mondiale dell’Alzheimer, si è svolta oggi a Saronno l’ottava edizione del convegno organizzato dalla RSA lombarda Villaggio Amico, con il patrocinio della Società Italiana di Gerontologia e geriatria, dell’Associazione italiana di psicogeriatria e della Federazione Alzheimer Italia. Il confronto tra specialisti, operatori del settore e famiglie è stato dedicato agli approcci non convenzionali nella cura della persona con demenza, con l’obiettivo di offrire un quadro delle strategie che si possono mettere in atto per combattere l’atteggiamento, purtroppo diffuso, del “non c’è più niente da fare”.

 

Dopo i saluti istituzionali di Enzo Frattini, direttore dell’ATS (Agenzia di tutela della salute) dell’Insubria e di Francesca Arosio della Federazione Alzheimer Italia, che ha ricordato la presenza in Italia di 1.241.000 malati di questa patologia cui è dedicata oggi la giornata, ha dato il benvenuto ai presenti Marina Indino, Direttore generale area tecnica operativa e responsabile comunicazione e marketing di Villaggio Amico. 

 

Successivamente ha preso la parola la dottoressa Rosaria Rigo – geriatra e direttore sanitario della Rsa – che ha annunciato la creazione di una Fondazione per iniziativa di Villaggio Amico e del professor Giuseppe Bellelli dell’Università di Milano Bicocca. Un ente, di cui si saprà il nome alla sua costituzione a gennaio, che vuole unire il mondo della cura centrata sulla persona e il mondo della ricerca con l’intento di produrre conoscenza e innovazione, diffondere contenuti culturali, fare formazione e agire così sul benessere per il bene comune. Il focus della Fondazione saranno le “sindromi geriatriche”, a partire dal delirium. Oltre a iniziative di formazione per operatori di professionalità diverse, la Fondazione si propone di organizzare eventi di prevenzione ed educazione sanitaria per la popolazione.

 

L’emozionante canto del coro femminile Sophia di Cassano Magnago diretto da Stefano Torresan, ha preceduto l’apertura dei lavori esprimendo simbolicamente il senso di un approccio non convenzionale, al centro dei temi del convegno di quest’anno. Una proposta di ascolto e coinvolgimento emotivo dettata dagli studi che sostengono la condivisione della musica come generatrice di una sintonia del sistema affettivo-motorio, attraverso il sistema uditivo, e di connessioni neurologiche a livello corticale e sottocorticale. Possiamo chiudere gli occhi e la bocca ma è impossibile chiudere le orecchie: perciò esserci, vivere, e’ ascoltare e l’ascolto passivo può divenire un’attività che coinvolge l’intera persona con demenza, in un’armonia che sappia farle ritrovare sé stessa e il suo microcosmo.

 

La prima relazione è stata quella del professor Carlo Serrati, neurologo e farmacologo clinico, direttore neurologia e dipartimento di Neuroscienze dell’IRCCS Ospedale San Martino di Genova che ha affermato: “Le parole in medicina sono fondamentali perché strutturano il nostro operare e guidano il passaggio dalle acquisizioni scientifiche alle decisioni cliniche. Ciò in ambito neuro psicogeriatrico è particolarmente rilevante. Oltre alle parole, tuttavia, la comunicazione è fatta anche di toni, di sguardi, di tocchi. E’ determinante, inoltre, il peso degli stereotipi negativi perché influenzano i principali marcatori dell’Alzheimer e le performance cognitive, ad esempio la memoria. Ciò significa, più semplicemente che c’è una relazione tra la depressione, il deterioramento cognitivo e quello comportamentale (mild behavioural impairment)”.

 

Ecco dunque l’importanza di superare lo stereotipo del “non c’è più niente da fare” nella cura dei pazienti affetti da Alzheimer e demenze, e di valorizzare la persona e il recupero delle sue funzionalità residue tramite un approccio di cura personalizzato e multidisciplinare che restituisca armonia all’universo del corpo e della mente della persona con demenza.

 

A seguire, l’intervento del professor Giuseppe Bellelli – associato di Geriatria all’Università di Milano Bicocca – AO San Gerardo di Monza – il quale ha affrontato il tema dei disturbi del comportamento: in particolare, concentrandosi su quanto la terapia farmacologica possa essere utile o meno negli anziani che soffrono di disturbi del comportamento. Con questo termine si intende un corollario di sintomi/comportamenti, quali irritabilità, agitazione psico-motoria, vagabondaggio afinalistico, insonnia, depressione che si sviluppano generalmente per l’incapacità della persona di rapportarsi in modo adeguato e congruo con l’ambiente circostante e le persone, o di riportare in modo coerente le cause della propria sofferenza. Alcuni disturbi specifici di questo tipo sono presenti anche nel 40% della popolazione ricoverata nelle RSA e/o in ospedale. 

 

"Non c’è una relazione lineare con l’età, quanto invece con la gravità del deficit cognitivo – ha detto il professor Bellelli. – In alcuni casi i disturbi del comportamento costituiscono la modalità di presentazione di un problema clinico intercorrente, in questo caso si parla di delirium. Riconoscere il delirium è fondamentale: questa condizione morbosa infatti si associa a tassi di complicanze e mortalità drammatici. Studi recenti hanno dimostrato che il rischio di mortalità intraospedaliera è più che doppio, a parità di età e patologie, se è presente delirium. Il delirium è in molti casi causato da infezioni, scompensi metabolici e dell’equilibrio idro-elettrolitico, farmaci e altre condizioni morbose, spesso sottovalutate. Ad oggi il trattamento di gran lunga più prescritto per la sua cura sono i farmaci, per lo più neurolettici o benzodiazepine. Purtroppo, tali farmaci finiscono spesso per “mascherare” il quadro clinico ritardando il riconoscimento delle cause somatiche scatenanti. È possibile dunque contenere i sintomi senza ricorrere a neurolettici e benzodiazepine? La risposta è sì. Il più delle volte i disturbi del comportamento sono causati dall’incapacità dell’ambiente, e delle persone che convivono con il paziente, a tollerare tali disturbi e a rassicurarlo. Spesso è sufficiente non rimproverare il malato e non contraddirlo per risolvere il disturbo. Nel caso del delirium è invece necessario contattare un medico esperto, in genere il geriatra, che indaghi e possibilmente identifichi le cause scatenanti".

 

Sono intervenuti inoltre durante il convegno, per entrare nello specifico del superamento del pregiudizio basato sul concetto “tanto non collabora”, raccontando le proprie esperienze: la dottoressa Michela Bozzini, fisioterapista “Casa di cura Ancelle di Cremona” e docente all’Università degli Studi di Brescia; il dottor Andrea Staglianò, terapista occupazionale “Fondazione Benefattori Cremaschi” di Crema, e il dottor Christian Pozzi, terapista occupazionale e docente, membro del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia.